Sentenza storica: la Corte italiana autorizza il processo per danni climatici contro Eni
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Mercoledì 23 luglio 2025 – La Corte di Cassazione italiana ha emesso una sentenza storica, aprendo la strada al procedimento legale promosso da Greenpeace Italia, ReCommon e dodici cittadini contro Eni S.p.A., il colosso italiano dell’energia. La causa accusa l’azienda di aver contribuito al cambiamento climatico, consapevole dei rischi fin dagli anni ’70, e richiede una forte riduzione delle emissioni entro il 2030.
Il quadro della causa contro Eni e l’origine delle accuse
La causa nasce dall’azione legale promossa da Greenpeace Italia, ReCommon e dodici cittadini provenienti da aree italiane duramente colpite dagli effetti del riscaldamento globale. La responsabilità viene attribuita non solo a Eni, ma anche ai suoi maggiori azionisti pubblici — il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e Cassa Depositi e Prestiti (CDP) — che detengono insieme circa un terzo delle quote dell’azienda. La posizione pubblica degli azionisti evidenzia i riflessi sociali e politici della vicenda.
Gli attori del contenzioso contestano a Eni di aver continuato a promuovere l’estrazione e l’uso di fonti fossili anche dopo aver acquisito, sin dalla fine degli anni Sessanta, consapevolezza delle conseguenze nefaste per il pianeta. In particolare i ricorrenti chiedono alla giustizia di imporre all’azienda un taglio di emissioni del 45% entro il 2030, considerando come base i livelli registrati nel 2020, in linea con gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi per contenere il riscaldamento globale.
I cittadini e le regioni italiane colpite dal cambiamento climatico
I dodici cittadini che hanno aderito all’azione legale provengono da diverse zone d’Italia che risentono in modo diretto delle conseguenze climatiche. Tra questi, quattro giungono da Polesine, nell’area del Veneto, dove il territorio è particolarmente vulnerabile all’innalzamento del livello del mare e all’infiltrazione di acqua salata nelle falde acquifere. Due cittadini provengono dal Piemonte, regione che affronta crisi idriche causate da siccità prolungate, mentre altri due sono residenti nelle aree devastate dalla Tempesta Vaia nel 2018, evento climatico estremamente distruttivo.
Questa pluralità di testimonianze geografiche sottolinea quanto sia diffuso e trasversale in Italia il tema della crisi climatica e dei danni a essa associati.
La decisione della Corte di Cassazione: un precedente importante per la giustizia climatica
Nel febbraio 2023, la Corte di Roma aveva inizialmente respinto la causa rigettandola per presunti problemi di giurisdizione, ma Greenpeace e ReCommon hanno presentato ricorso presso la Corte di Cassazione che, in data 22 luglio 2025, ha ribaltato tale decisione, stabilendo che la giustizia italiana ha piena competenza per trattare casi di responsabilità climatica connessi ai diritti umani.
Questo pronunciamento è il primo nel suo genere in Italia e rappresenta una svolta significativa per le future azioni legali che mirano a far rispettare la responsabilità delle grandi imprese energetiche nelle questioni ambientali.
Le prove interne di Eni sulla consapevolezza climatica
DeSmog e altri media indipendenti hanno riportato alla luce una serie di documenti interni di Eni che testimoniano la precoce conoscenza del gruppo energetico riguardo ai rischi del cambiamento climatico. Già nel 1969-1970, Eni era consapevole della possibilità di un “cataclisma” ambientale entro l’anno 2000 qualora l’uso di combustibili fossili non fosse stato limitato.
Un rapporto del 1978 stimava che la concentrazione di CO2 in atmosfera avrebbe raggiunto livelli tra 375 e 400 parti per milione entro il 2000, con effetti potenzialmente disastrosi sull’intero ecosistema. Malgrado queste informazioni, per decenni Eni ha continuato a promuovere il gas naturale come una fonte “pulita” di energia, continuando a investire negli idrocarburi ben oltre la fine del XX secolo.
Reazioni alla sentenza: Greenpeace, ReCommon e la posizione di Eni
La sentenza della Corte di Cassazione ha suscitato reazioni di grande soddisfazione nel mondo ambientalista. Greenpeace Italia ha definito la decisione “una vittoria storica per il clima e la giustizia ambientale in Italia”, sottolineando l’intenzione di continuare a esercitare pressione sulle grandi aziende affinché rispondano delle loro azioni.
ReCommon ha aggiunto che la decisione rappresenta un riconoscimento importante del legame fra emissioni industriali e violazioni dei diritti umani, elemento cui il sistema giudiziario italiano deve ora prestare la massima attenzione.
Dal canto suo, Eni non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali riguardo alla sentenza. In passato, comunque, ha sempre evidenziato il proprio impegno nel processo di decarbonizzazione e nella diversificazione verso fonti di energia rinnovabile, pur riconoscendo le complessità della transizione energetica.
Obiettivi di riduzione delle emissioni e responsabilità aziendale
Il cuore della richiesta avanzata dai ricorrenti risiede nell’imposizione di un taglio consistente alle emissioni di gas serra per Eni, con l’obiettivo di un -45% entro il 2030 rispetto ai valori del 2020. Questa soglia è coerente con i target stabiliti a livello internazionale e con altre sentenze europee significative, come quella del Tribunale di L’Aia contro Royal Dutch Shell.
L’obiettivo rappresenta un livello ambizioso richiesto alle imprese energetiche e riflette la necessità urgente di contenere i cambiamenti climatici per salvaguardare non soltanto l’ambiente, ma anche i diritti fondamentali delle persone.
Implicazioni della sentenza per il futuro della giustizia climatica in Italia
La decisione della Corte di Cassazione italiana segna l’apertura di un importante filone giudiziario, ponendo un precedente che potrebbe estendersi ad altre multinazionali del settore energetico. Inoltre, rafforza il ruolo del sistema giudiziario come strumento di controllo e imposizione di responsabilità ambientali, andando oltre la mera regolamentazione politica.
Questo caso potrebbe stimolare una maggiore trasparenza da parte delle aziende riguardo al proprio impatto climatico e spingere verso una più rapida e concreta transizione energetica basata su principi di sostenibilità.
La sentenza della Corte di Cassazione che ammette la causa contro Eni per danni climatici costituisce un momento cruciale per la giustizia ambientale italiana. Essa evidenzia la crescente centralità del diritto nella lotta contro il cambiamento climatico e nel riconoscimento degli effetti nocivi delle emissioni di gas serra.
Se il procedimento giudiziario porterà all’imposizione di tagli concreti di emissioni, si potranno definire nuovi standard per la responsabilità delle grandi aziende nei confronti del pianeta e delle persone. Per i cittadini, le associazioni ambientaliste e le istituzioni, questa vicenda rappresenta un passo avanti nel perseguimento di un futuro più sostenibile e giusto.