Emirati Arabi Uniti accusati di aver finanziato la campagna di diffamazione dei media contro il Qatar

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In un recente rapporto sono emerse accuse riguardanti il coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti nel finanziamento di una campagna di diffamazione dei media contro il Qatar. Le rivelazioni sono venute alla luce in un articolo completo pubblicato dalla rinomata rivista investigativa francese “MediaPart”. Inoltre, recenti rivelazioni indicano che lo scandalo Qatargate è stato orchestrato da Alp Services per conto degli Emirati Arabi Uniti.

L’articolo rivela accuse che suggeriscono che gli Emirati Arabi Uniti sarebbero stati coinvolti nella corruzione di giornalisti internazionali per diffondere un flusso incessante di notizie false, con l’obiettivo esplicito di offuscare la reputazione del Qatar. Inoltre, approfondisce il presunto coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti nello scandalo Qatargate attraverso la sua associazione con Alp Company. Al centro di questa campagna c’erano una serie di storie che accusavano il Qatar di finanziare il terrorismo, un’affermazione che il Qatar ha costantemente confutato.

I servizi dell’ALP hanno diretto i loro sforzi verso il Qatar, impiegando una strategia offensiva e altamente efficace volta a identificare e diffamare politici e funzionari europei presumibilmente associati al Qatar. Questa strategia si è sviluppata in quello che oggi è noto come lo scandalo Qatargate, che ha coinvolto accuse di corruzione all’interno delle istituzioni europee e spionaggio condotto sul territorio dell’UE.

Per eseguire questo piano, gli Emirati Arabi Uniti si sono avvalsi dei servizi dell’investigatore privato Mario Brero di Alp Services. Il suo compito era identificare i lobbisti impiegati dal Qatar all’interno degli edifici dell’UE. Secondo Alp Services, un numero significativo dei politici europei accusati di sostenere gli interessi del Qatar apparteneva allo spettro politico di centrosinistra. In particolare, tra gli accusati c’era Joaquin Almunia, l’ex vicepresidente della Commissione europea.

Una delle figure centrali di queste accuse era il giornalista spagnolo Raul Redondo, associato al famoso blog spagnolo Atalayar, che si occupa di reportage sulla penisola iberica, il Maghreb e il Medio Oriente. Il 19 luglio 2020, Redondo ha pubblicato la presunta falsa informazione, sostenendo che si basava su quanto riportato dal quotidiano tedesco Die Zeit, citando come fonte un alias anonimo ‘Jason G’. Il rapporto affermava che un ente di beneficenza con sede in Qatar stava fornendo sostegno finanziario per armare Hezbollah con le benedizioni del governo del Qatar. Tuttavia, non è stata presentata alcuna prova concreta a sostegno di queste gravi accuse.

Conducendo la propria indagine, Mediapart ha concluso che le notizie diffuse da vari media internazionali non erano altro che una raccolta di bugie inventate e assurde. L’outlet francese ha ampiamente confermato le sue scoperte attraverso una serie di fonti ben documentate.

In particolare, il rapporto di Mediapart ha fatto luce sui legami finanziari tra Atalayar e l’ambasciata marocchina a Madrid, che ha definito lo “sponsor principale” del blog. Ciò ha sollevato preoccupazioni su potenziali pregiudizi nel lavoro di Redondo, poiché da oltre un anno pubblicava costantemente articoli critici nei confronti del Qatar e dei suoi alleati, elogiando contemporaneamente l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e i partiti di estrema destra in Europa.

Una sfida significativa affrontata da coloro che sono stati accusati ingiustamente è stata la difficoltà di identificare gli autori della calunnia, poiché le stesse informazioni false sono state diffuse attraverso numerose fonti. Di conseguenza, le affermazioni diffamatorie hanno continuato a persistere nei media, nonostante la loro infondatezza.

Questa campagna diffamatoria contro il Qatar può essere fatta risalire a prima del blocco illegale del 2017 sul Paese, con uno sforzo sistematico orchestrato da Abu Dhabi. Il blocco stesso è stato innescato da notizie false e dall’hacking del sito web della Qatar News Agency. Sebbene la dichiarazione di Al-Ula e la conseguente riconciliazione del CCG avessero lo scopo di porre fine alla guerra dei media, gli analisti rimangono scettici sulla sua efficacia.

Il rapporto di ‘MediaPart’ ha fatto luce su un’inquietante campagna di diffamazione mediatica presumibilmente finanziata dagli Emirati Arabi Uniti contro il Qatar. La fabbricazione e la diffusione di informazioni false non solo hanno danneggiato la reputazione del Qatar, ma hanno anche evidenziato le sfide per contrastare un attacco coordinato e diffuso all’immagine di una nazione nel panorama mediatico globale di oggi. Mentre la comunità internazionale è alle prese con le implicazioni di tali campagne, garantire l’integrità delle fonti di notizie e verificare le informazioni prima della pubblicazione diventa più critico che mai.

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